Storico voto per l’Emilia Romagna: autonomia su sanità, istruzione, politiche del lavoro e ambiente
L’Emilia Romagna vuole più autonomia dal governo centrale: lo approva il consiglio regionale, chiedendo ben 15 materie di competenza che saranno gestite direttamente dalla regione e non dal governo di Roma. Le materie ora sono ben 3 in più rispetto alle 12 previste all’inizio. Il presidente della Regione Bonaccini commenta questo risultato come storico e si prepara a incontrare la ministra delle Autonomie per il passaggio. La regione avrà così piena competenza nel gestire i fondi, i quali saranno comunque sempre della stessa entità.
Sulla scia di alcune regioni, come il Veneto, in Emilia Romagna sono nati sentimenti sempre più insistenti per una maggiore autonomia che non vuol dire intenzione di staccarsi dal governo centrale, ma solo libertà maggiori nel gestire i fondi. Le ragioni dietro a questa volontà sono diverse, ma una su tutte è la maggiore vicinanza delle istituzioni ai cittadini, potendo così leggere meglio quali sono le necessità principali, evitando sprechi di denaro pubblico. Per poter esser più incisivi, gli interventi finanziati con i fondi pubblici, sono gestiti dalla regione. Insomma, non per creare polemica e motti rivoluzionari – separatisti, ma il voto segna solo l’intenzione di dare risposte immediate e precise alla cittadinanza.
Gli schieramenti che hanno votato a favore sono Pd, Si e Mdp- Misto mentre si sono astenute le opposizioni Lega, M5s, Fi, Fdi, Mns e AltraER. Ora sono tutti in attesa del via libera dal Governo per decidere in autonomia su questioni come sanità, istruzione, politiche del lavoro, ricerca e innovazione, tutela ambientale, relazioni internazionali e molto altro ancora. Davvero molto altro ancora, dato che le materie su cui la regione chiede la piena competenza sono passate da 12 a 15, aggiungendo alla già lunga lista anche agricoltura, protezione della fauna e cultura- spettacolo-sport.
Il presidente Bonaccini mette subito in chiaro che questo processo prende il nome di regionalismo differenziato, del tutto previsto dalla Costituzione, senza mettere in discussione l’unità nazionale. Precisazione dovuta per evitare rumors dalla sinistra più estrema che ben ricorda i progetti leghisti per una regione federalista, ma meglio ricordare che i leghisti stavolta si sono addirittura astenuti. Come al solito, le appartenenze impediscono di voltare secondo coscienza, anche se il progetto di maggiore libertà e competenza è da sempre a cuore ai leghisti.
Lo scopo della maggiore autonomia è creare sviluppo e occupazione, sostenendo la crescita, seppur lieve, che è stata registrata in tutto il Paese e sistema Italia. C’è ancora un po’ di confusione sul tema che non prevede l’aumento dei fondi regionali ma piuttosto la libera gestione degli stessi, mantenendo il saldo pari a zero, cioè assoluta parità tra entrate e, provenienti dalle tasse, e uscite, rappresentate dagli investimenti nelle 15 materie gestite direttamente.
Alle 12 materie per cui la regione si era già accordata con il governo centrale, si aggiungono 3 materie per perseguire precisi obiettivicome la conservazione dell’ambiente naturale, la valorizzazione dei beni culturali e attività di promozione culturale, oltre all’ordinamento sportivo.