Protesi ginocchio: la soluzione mini invasiva all’artrosi invalidante

a cura del dott. Michele Massaro

Negli ultimi anni, secondo un recente studio condotto da Matthew Sloan e Neil Sheth dell’Università della Pennsylvania di Philadelphia (riferito al periodo 2000-2014), le persone che ricorrono alla protesi ginocchio (o anca) risultano sempre più giovani (di circa 2 anni).

In riferimento alla protesi del ginocchio, si è passati da un’età media di 68 anni (2000) a 65,9 anni (2014) con prevalenza di donne seppure siano in aumento i casi di pazienti uomini.

E’ necessario ricorrere alla protesi quando l’artrosi del ginocchio (gonartrosi) raggiunge un’elevata gravità. Questa patologia degenerativa provoca infiammazione, dolore, rigidità, riduzione della funzionalità articolare fino all’invalidità.

Quando la protesi ginocchio diventa necessaria

La principale forma di artrosi è quella senile (dovuta all’avanzare dell’età) cui seguono l’artrosi secondaria ad artrite reumatoide (malattia autoimmune di tipo infiammatorio), quella post-traumatica (a seguito di lesioni, infortuni, incidenti) e l’osteonecrosi (la morte delle cellule ossee dovuta a flusso sanguigno ridotto).

Viene definita ‘patologia degenerativa’ in quanto consuma progressivamente la cartilagine dell’osso compromettendo la funzionalità articolare: oltre al dolore, porta a rigidità limitando i movimenti.

L’innesto della protesi ginocchio mini invasiva (come quella tradizionale) è necessaria quando la terapia conservativa (antidolorifici, antinfiammatori, condroprotettori, corticosteroidi) non sortisce più alcun effetto: il dolore insopportabile e la rigidità rendono la patologia invalidante impedendo il normale svolgimento delle attività quotidiane, i movimenti più comuni. Il danno è irreversibile e l’unico passo importante da fare è decidere di sostituire l’articolazione naturale (ormai pesantemente compromessa) con una artificiale: la protesi al ginocchio da impiantare tra tibia e femore sostituendo osso e cartilagine danneggiati dall’artrosi.

Protesi ginocchio mini invasiva: l’importanza dei materiali biocompatibili

Ogni anno, la protesi ginocchio mini invasiva permette a 80 mila persone in Italia di tornare a camminare normalmente riducendo al 50% i tempi d’intervento, recupero, degenza e riabilitazione.

Ciò che consente alla tecnica mini invasiva di rendere l’intervento meno traumatico e più rapido, oltre alle abili mani del chirurgo esperto, è il tipo di protesi utilizzata. Si tratta di una protesi tecnologicamente avanzata, più piccola ma più resistente di quella convenzionale.

Essendo più piccola permette al chirurgo ortopedico di incidere meno durante l’intervento. Senza contare che l’impianto protesico di ultima generazione è biocompatibile, molto resistente e durevole. I materiali con cui viene realizzato devono risultare il più possibile simili agli elementi naturali senza causare crisi di rigetto. Attualmente, i materiali più evoluti sono titanio, ceramica e polietilene. In particolare, il titanio ha molte virtù: elevata resistenza, bassa densità, rigidità, leggerezza, una buona resistenza alla corrosione. E’ biocompatibile, atossico.

Grazie ai materiali impiegati, la protesi del ginocchio dura, mediamente, 20-25 anni.

Come è fatta una protesi al ginocchio mini invasiva

Il modello più avanzato è costituito da 4 elementi:

  • Una placca ricurva (parte superiore);
  • Una placca piatta che riveste la porzione superiore della tibia;
  • Un elemento interposto tra le due placche, che le separa;
  • Una rotula artificiale.

Le due placche sono realizzate, generalmente, in titanio oppure in una lega di cobalto/cromo.

Per la rotula artificiale viene utilizzato il polietilene.

Esistono numerosi modelli di protesi mini invasive; il chirurgo ortopedico sceglierà quello più adatto al paziente in base a determinati parametri (età, sesso, peso, eventuali allergie e patologie di cui è affetto).

I vantaggi della chirurgia mini invasiva

Facendo il dovuto confronto con la tecnica chirurgica tradizionale, bisogna dire che la chirurgia mini invasiva ha rappresentato una vera e propria rivoluzione anche nel campo dell’Ortopedia e Traumatologia.

Rispetta il corpo umano perché risparmia muscoli, cartilagine e parti ossee sane: non vengono incisi ma semplicemente divaricati.

Tutto nella chirurgia mini invasiva è ridotto:

  • Dimensioni della protesi al ginocchio;
  • Incisione e conseguente cicatrice;
  • Tempi di intervento, recupero, degenza e riabilitazione;
  • Trauma (dolore e gonfiore);
  • Perdita di sangue durante e dopo l’intervento (tanto che non serve alcuna trasfusione);
  • Attriti tra i componenti impiantati;
  • Rischi post-operatori (infezioni, lussazioni).

Protesi ginocchio: tempi di recupero

Grazie al protocollo Fast Track i tempi di intervento, ospedalizzazione, degenza, riabilitazione si dimezzano.

Alcune ore dopo l’intervento (o il giorno successivo), l’articolazione verrà subito mobilizzata per riattivare la muscolatura.

I tempi di ospedalizzazione si riducono a 3 giorni, quelli per la riabilitazione a 7-10 giorni. La Fisioterapia, in questa fase, sarà determinante per far recuperare al paziente in modo corretto e completo la funzionalità dell’articolazione. Potrà tornare a svolgere le normali attività quotidiane dopo 2-4 settimane dall’intervento chirurgico.

Protesi ginocchio monocompartimentale: una chance in più

L’ulteriore chance offerta dalla chirurgia mini invasiva è data dalla protesi monocompartimentale (o parziale). Rispetto alla protesi al ginocchio totale, quella monocompartimentale è ancora più selettiva e meno invasiva. Sostituisce osso e cartilagine compromessi di uno solo dei tre compartimenti del ginocchio (mediale, laterale o femoro-rotuleo). Questo intervento è possibile se risulta danneggiata soltanto una parte dell’articolazione.

I vantaggi della protesi monocompartimentale consentono di ridurre ulteriormente:

  • L’incisione;
  • Le dimensioni della protesi;
  • Il trauma e la perdita di sangue;
  • I tempi di intervento e recupero;
  • Il ‘risparmio’ del legamento crociato anteriore e posteriore (se risultano sani);
  • La possibilità di ripristinare un movimento articolare avvertito dal paziente come più naturale;
  • L’opportunità di essere convertita in protesi totale, in caso di revisione.

L’unico elemento soggetto ad usura è l’inserto in polietilene: una volta consumato, l’intervento per sostituirlo risulterà più semplice e meno rischioso rispetto all’impianto della protesi totale.